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Fermata #161 - Stampa&Bitcoin - La fallacia del valore intrinseco

Dall'analogia con la farina di grilli all'ennesima citazione del "valore intrinseco", per finire con la definizione di valuta e i dati falsi sui pagamenti. Bentornata, stampa generalista

Il pattern è noto, ormai lo sapete tutti.

Quando il prezzo di bitcoin subisce delle variazioni significative in poco tempo, arrivano i giornali. Crescita repentina o crollo improvviso del controvalore in dollari attirano come calamite gli articoli dei grandi quotidiani e l’ultima risalita verso gli oltre $70.000 non ha fatto eccezione.

Per capire il sentiment dei principali organi di stampa non serve scandagliare tutti gli articoli di cronaca relativi, per l’appunto, al prezzo, quanto i commenti e le interviste. I protagonisti di questa puntata sono un editoriale del professore della Bocconi Andrea Resti su Affari&Finanza - l’inserto economico settimanale di Repubblica - e l’intervista ad Antonio Simeone sulla Stampa.

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Farina di grilli e valore intrinseco - Affari&Finanza

Lunedì 11 marzo a pagina 21 di Affari&Finanza compariva un articolo a firma di Andrea Resti intitolato: “Cosa si nasconde dietro l’irresistibile ascesa del prezzo del Bitcoin”, pubblicato in formato paywall anche sul sito di Repubblica.

La tesi intuibile è quella dell’avvento degli ETF spot che stanno spingendo la domanda, ma l’argomentazione del professore contiene vari punti che vale la pena commentare.

Per capire quanto abbia inciso l'avvento di operatori "mainstream" sul mercato (gli ETF, nda) pensate a cosa succederebbe se il Comune di Roma autorizzasse l'uso di farina di grillo nelle mense scolastiche: il prezzo aumenterebbe, stimolato dai maggiori consumi, e una certa quota di scettici si avvicinerebbe per la prima volta a questo alimento, incoraggiata dal fatto che le autorità lo ritengono così sicuro da somministrarlo anche ai bambini. Ovviamente, però, un buon consumatore farebbe sempre meglio a pensare con la propria testa, chiedendosi se mangiare farina di grilli sia davvero sicuro e consigliabile (per inciso, diversi esperti dicono di sì). Nel caso dei Bitcoin chi compra non deve dimenticare che si tratta di investimenti privi di qualsiasi valore intrinseco: se un'obbligazione contiene in sé la promessa di ricevere indietro capitale e interessi e un'azione dà diritto a percepire una quota degli utili che verranno prodotti dalla società emittente, il Bitcoin è un segnale elettronico il cui prezzo è soltanto quello che i compratori sono disposti, tempo per tempo, a riconoscergli.

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Domanda e autorità: causa ed effetto invertite

Sorvolando sulla creatività dell’analogia con la farina di grillo, si tratta di un esempio comunque fallace. Nel caso della farina di grillo sarebbe il Comune di Roma a spingere la domanda grazie all’autorizzazione alla distribuzione nelle scuole; nel caso degli ETF, la Sec - l’autorità che ha dato luce verde ai fondi su Bitcoin - si è vista di fatto obbligata a fornire l’autorizzazione per via della pressione sia mediatica che legale degli emittenti.

Il regolatore aveva già perso in tribunale la causa contro Grayscale, che contestava la mancata autorizzazione alla conversione del proprio Trust (GBTC) in un ETF, e in caso di mancata approvazione degli ETF sarebbe stata sommersa dalla valanga di cause legali dei restanti 10 fondi. Una pressione, quella di BlackRock, Fidelity & friends, guidata dall’enorme domanda dei loro clienti che da anni chiedevano un prodotto per ottenere esposizione al prezzo di bitcoin.

In poche parole, se nel caso della farina di grilli la decisione dell’autorità sarebbe la ragione della crescita di domanda, nel caso degli ETF è stata la domanda la ragione per cui l’autorità si è trovata spalle al muro.

Il mito del valore intrinseco

L’altro punto da sottolineare in rosso è quello che definisce l’investimento in bitcoin “privo di qualsiasi valore intrinseco”. In verità, l’affermazione in sé non è sbagliata. Bitcoin è privo di valore intrinseco. Così come, però, non ha alcun valore intrinseco la promessa che offre un’obbligazione di ricevere un domani il capitale investito più un interesse. L’errore sta nel considerare reale il concetto stesso di valore intrinseco.

Il motivo è che il valore è soggettivo, non oggettivo: gli individui valutano beni, servizi e asset in generale sulla base della loro capacità di soddisfare desideri o necessità personali e questa valutazione può variare notevolmente tra diversi individui e in diversi contesti.

In particolare, la Scuola Austriaca di Economia ha introdotto il concetto di utilità marginale: quest’ultimo si riferisce al valore aggiunto derivante dall'uso o dal consumo di un'unità aggiuntiva di un bene in un determinato contesto. L’implicazione è che il valore di un bene è determinato dal suo contributo marginale alla soddisfazione umana, piuttosto che da qualsiasi proprietà intrinseca del bene stesso. Secondo l’utilità marginale, quindi, il valore è determinato dall'importanza soggettiva che gli individui attribuiscono a un'ultima unità disponibile di un bene.

Esempio classico: in un contesto dove l'acqua è abbondante, il suo valore soggettivo è basso rispetto ai diamanti, apprezzati per rarità ed estetica. In un ambiente desertico, invece, l'acqua diventa estremamente preziosa per la sua capacità di soddisfare una necessità vitale, mentre il valore dei diamanti diminuisce, non contribuendo alla sopravvivenza.

L’impiego industriale

Non finisce qui, perché l’autore dell’articolo mette le mani avanti per anticipare tutti coloro che avrebbero obiettato che anche l’oro non offre un interesse, eppure continua a essere considerato di valore da tantissime persone nel mondo.

Qualcuno obietterà che funziona così anche l'oro. […] L'analogia è accattivante, e chissà che non contenga il seme della verità. Però è incompleta. Per prima cosa l'oro non serve solo a riempire i caveau delle banche centrali, ma è utilizzato anche nell'industria (ad esempio per costruire apparecchiature medicali) e, ovviamente, nella gioielleria.

L’oro, scrive Resti, è utilizzato nell’industria e nella gioielleria, facendo intendere che invece Bitcoin non sarebbe impiegato per simili scopi.

Certamente non esistono orecchini fatti di chiavi private, ma Bitcoin nell’industria è utilizzato, eccome. Basti pensare al mining e ai casi in cui quest’ultimo costituisce l’unico incentivo economico per mitigare gas flaring e gas venting - casi approfonditi più volte in questa newsletter e in particolare nella fermata #66 - oppure a quei casi in cui senza il mining le minigrid africane sarebbero economicamente insostenibili e non in grado di fornire elettricità (dettagli nella fermata #126).

La concezione errata di valuta - La Stampa

Merita qualche commento anche l’intervista della Stampa ad Antonio Simeone, Ceo di un fondo che farebbe, scrive il quotidiano torinese, “trading con gli algoritmi”. Ma prima di parlare di Simeone vale la pena puntualizzare quanto scrive il giornalista Arcangelo Rociola:

Bitcoin è pensato come un asset digitale finito. Oggi in giro ce ne sono 18,5 milioni circa ma il loro numero massimo è fissato a 21 milioni. Dopo, non potranno essere più creati Bitcoin (un po’ come non può essere più creato l’oro).

I bitcoin già emessi non sono 18,5 milioni ma 19,65 milioni1, ovvero il 93,6% del totale. Se poi è vero che dopo i 21 milioni non potranno più essere creati bitcoin, è un po’ traballante il parallelismo con l’oro. Ci mancherebbe, è innegabile che non possa essere creato più oro di quello esistente, ma è possibile trovare più oro di quello già presente sul mercato e immettervelo successivamente. E’ noto come nel giugno del 2022 sia stato scoperto in Uganda il più grande giacimento d’oro della storia: 31 milioni di tonnellate il cui valore ammonterebbe a circa $12 mila miliardi, quasi l’intero market cap aureo attuale.

Rispondendo alle domande di Rociola, dice Simeone:

“Bitcoin non è più assimilabile a una valuta. I wallet aumentano ma le transazioni si riducono. Si preferisce tenerlo piuttosto che farlo circolare”.

A differenza di ciò che professano banche centrali e teorie economiche strampalate, una valuta sana dovrebbe essere in grado di conservare il proprio valore nel lungo termine e non incentivare alla spesa tramite l’inflazione, per cui non si capisce bene per quale motivo bitcoin, il cui design incentiva al risparmio, non dovrebbe rispondere ai canoni di una valuta. Fatta la dovuta precisazione relativa all’opinione di Simeone, possiamo passare alla sua affermazione oggettivamente sbagliata: “I wallet aumentano ma le transazioni si riducono”. Le cose non stanno così.

Nel 2021 le transazioni complessive on-chain sono state circa 585 milioni, nel 2023 circa 740 milioni: un aumento del 26%. Ma sarebbe del tutto fuorviante parlare di transazioni senza considerare il layer sul quale queste si stanno progressivamente spostando, il Lightning Network. Il report di River sullo stato del Lightning Network pubblicato a ottobre 2023 spiega:

Sulla base dei dati forniti dagli operatori dei nodi che comprendono il 52% della capacità pubblica della rete Lightning, stimiamo un limite inferiore di 6,6 milioni di transazioni Lightning instradate nell'agosto 2023. Il limite superiore potrebbe essere un multiplo di questo numero se fossero disponibili i dati delle transazioni dirette e private tra i partecipanti. Ciò rappresenta un aumento del 1.212% rispetto alla stima di 503k pagamenti Lightning per agosto 2021. Questa crescita è avvenuta nonostante un calo del 44% del prezzo di bitcoin e una diminuzione del 45% dell'interesse di ricerca.

Bonus - Sole 24 Ore e BFM Business

Bonus finali dedicati a Sole 24 Ore e BFM Business, il principale canale economico della TV francese.

Il quotidiano di Confindustria, in un articolo del 12 marzo a firma di Andrea Carli, definisce PayPal e Satispay “modalità P2P!

Verrebbe da chiedersi: che ci sta a fare, quindi, Bitcoin?

Nulla supera, però, gli amici transalpini. In diretta TV è stato spiegato che l’halving dimezzerà il prezzo di bitcoin per stimolarne la domanda. Questa volta, i commenti, li lascio a voi lettori.

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