Fermata #276 - Non si salva nessuno
Il Fondo Monetario Internazionale pubblica uno studio in cui documenta tutte le crisi valutarie post 1971. Non solo terzo mondo e paesi emergenti, ma anche economie sviluppate. Nessuno è al sicuro
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Svalutazioni monetarie a più non posso, documentate in modo estremamente dettagliato. In un Working Paper del Fondo Monetario Internazionale pubblicato lo scorso ottobre e intitolato Currency Crises in the Post-Bretton Woods Era: A New Dataset of Large Depreciations - shoutout al Bitcoin Italia Podcast per averlo scovato - gli autori presentano un dataset sulle grandi svalutazioni valutarie occorse nel mondo dalla fine del sistema di Bretton Woods (1971) a oggi.
L’obiettivo dello studio è identificare con precisione gli eventi di forte deprezzamento delle monete fiat su base mensile e analizzarne l’evoluzione nei 24 mesi successivi all’evento iniziale. In pratica, ogni episodio di grande svalutazione copre circa due anni dal momento in cui una valuta subisce uno shock di deprezzamento significativo. Il dataset copre oltre mezzo secolo di storia monetaria (1971–2024) e include praticamente tutti i paesi del mondo ad eccezione degli Stati Uniti, usati come valuta di riferimento per i tassi di cambio.
Questo lavoro fornisce una base empirica ampia per comprendere le crisi valutarie dell’era fiat moderna. Gli autori analizzano la dinamica di queste crisi attraverso vari indicatori – dal deprezzamento massimo raggiunto, all’overshooting (quanto la valuta si deprezza oltre il suo nuovo equilibrio prima di stabilizzarsi), al numero di eventi di deprezzamento concatenati in un singolo episodio.
In sintesi, il FMI mette a disposizione una mole di dati senza precedenti sulle crisi valutarie del post Gold Exchange Standard, evidenziando che tali eventi non sono anomalie isolate, bensì fenomeni ricorrenti. Dal 1971 in poi, con l’avvento del regime di cambi flessibili e di monete fiat sganciate dall’oro, si sono susseguiti centinaia di episodi di collassi valutari in ogni angolo del globo. E, fatto ancor più significativo, nessun tipo di economia risulta completamente immune: sebbene i casi più frequenti si osservino nei paesi emergenti o in via di sviluppo, anche diverse economie avanzate hanno sperimentato svalutazioni traumatiche delle proprie valute.
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Alcune nazioni hanno attraversato ripetuti collassi nel corso di pochi decenni. Lo Zambia detiene il triste primato con ben 14 episodi di grande svalutazione tra il 1971 e il 2024, seguito dalla Repubblica Democratica del Congo con 12 episodi. Tra le economie emergenti spiccano il Brasile, con 12 episodi censiti, e a pari merito Argentina e Turchia con 10 episodi ciascuna. Si tratta di svalutazioni ricorrenti spesso a due cifre, che hanno drasticamente eroso il potere d’acquisto interno e il valore esterno di tali monete.
In diversi episodi la valuta ha perso la maggior parte del suo valore in breve tempo, alimentando spirali iperinflative e crisi economiche profonde. Basti ricordare l’iperinflazione dello Zimbabwe nel 2008, che rese il dollaro locale praticamente privo di valore, o il collasso del bolívar in Venezuela nel 2018. Ma senza arrivare a certi casi limite, anche svalutazioni ordinarie nell’ordine del 50–80% rispetto al dollaro USA si sono verificate più volte: l’Argentina azzerò il cambio fisso 1:1 con il dollaro nel 2002 ( –70%), la Turchia nel 2001 vide la lira perdere quasi la metà del suo valore, la Corea del Sud nel 1997-98 svalutò il won di oltre il 50% durante la crisi asiatica, e così via.
Le crisi valutarie tendono a presentarsi in ondate regionali o globali. Esempi tipici sono la crisi del debito latinoamericano degli anni ’80, la crisi del Sistema Monetario Europeo del 1992, la crisi finanziaria asiatica del 1997-98 e la crisi globale del 2008-09, durante le quali più paesi subirono simultaneamente forti svalutazioni. In particolare, la crisi asiatica del 1997 - con il crollo delle valute di Thailandia, Indonesia, Corea del Sud, Malesia, ecc. - è citata come un esempio da manuale. Allo stesso modo, il collasso del rublo russo nel 1998 innescò effetti a catena sulle monete di diversi vicini, mentre la grande crisi del 2008 portò svalutazioni diffuse tanto nei mercati emergenti quanto in alcune economie avanzate.
Crisi monetarie anche nelle economie avanzate
Sebbene le crisi valutarie siano più comuni in contesti emergenti, la storia post-1971 insegna che nemmeno le economie avanzate sono immuni. Il dataset FMI include vari episodi di forte svalutazione anche in paesi industrializzati, alcuni noti e altri meno discussi.
Un caso emblematico è il Regno Unito: la sterlina britannica ha attraversato quattro gravi crisi valutarie, una in ciascun decennio dalla fine degli anni ’70. Si ricordano la crisi della sterlina del 1976 (che costrinse Londra a richiedere un prestito d’emergenza al FMI), la crisi dello SME del 1992 (quando sterlina e lira italiana uscirono dal Sistema Monetario Europeo), la crisi finanziaria globale del 2008 (con una pesante caduta del pound) e infine la brusca svalutazione post-Brexit del 2016.
Un altro esempio di crisi dimenticata in un’economia avanzata è l’Islanda, che detiene il record di 9 episodi di crisi valutaria dal 1971 a oggi. La più nota si verificò nel 2008, quando il collasso del sistema bancario islandese portò la corona a perdere gran parte del suo valore in pochi mesi.
Anche economie importanti come il Giappone e la Svizzera hanno avuto crolli valutari significativi. Il Giappone, pur noto per la stabilità dello yen, figura con tre episodi di forte deprezzamento (nel 1982, 2012 e 2022). A fine anni ’80 il franco svizzero subì due forti cali ravvicinati, nel 1988 e 1991. Anche la Svezia e l’Italia sperimentarono crisi monetarie degne di nota: la Svezia dovette abbandonare il cambio fisso e svalutare drasticamente nel 1992, e l’Italia visse pesanti svalutazioni della lira sia negli anni ’70 sia durante la crisi dello SME del 1992.
I crolli valutari nelle nazioni industrializzate sono spesso coincisi con shock esterni o crisi globali più che con iperinflazioni domestiche.
Detto ciò, l’evidenza empirica raccolta dal FMI porta a una conclusione chiara: le valute fiat, per loro natura, tendono al fallimento ciclico. La storia post-1971 mostra che, aboliti i vincoli dell’oro, governi e banche centrali hanno spesso abusato della facoltà di creare moneta - finanziando disavanzi, alimentando bolle speculative o difendendo cambi fissi insostenibili - finendo invariabilmente per innescare inflazione e crolli valutari.



