Fermata #263 - Bilanci arancioni
Un report di River rivela che oltre il 6% di tutti i BTC in circolazione è detenuto nei bilanci aziendali, un balzo 21 volte superiore ai livelli del 2020. L'ipotesi di un futuro a "doppia moneta"
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Le aziende mettono in pancia sempre più bitcoin. Sì, è un fenomeno ancora di nicchia, come del resto ci si dovrebbe aspettare da una tecnologia così giovane, ma in crescita. Recentemente River, exchange molto popolare negli Stati Uniti, ha pubblicato un report intitolato: “Perché gli imprenditori stanno investendo il 22% dei profitti in Bitcoin”.
Già dalle prime pagine dell’analisi, si legge che nei primi otto mesi del 2025 le aziende hanno aggiunto Bitcoin ai propri attivi per $43,5 miliardi, già 12,5 miliardi in più rispetto all’intero 2024. In totale, le aziende detengono oggi oltre il 6% dell’offerta circolante di Bitcoin, pari a circa 1,3 milioni di BTC, un dato aumentato di 21 volte dal gennaio 2020.
Il ruolo delle Bitcoin Treasury Companies
A trainare buona parte di questo trend sono le cosiddette Bitcoin Treasury Companies, aziende quotate in borsa la cui missione principale è accumulare Bitcoin in quantità rilevanti da tenere in tesoreria. Queste società rappresentano il 76% di tutti gli acquisti aziendali di BTC dal gennaio 2024 e circa il 60% delle detenzioni di Bitcoin dichiarate pubblicamente dalle imprese.
E’ interessante come River spiega l’interesse degli investitori per queste aziende, viste con un certo grado di scetticismo da chi vi scrive. In alcune giurisdizioni prive di ETF su Bitcoin o con tassazione penalizzante sulle criptovalute, scrivono gli analisti, queste società fungono da via d’accesso alternativa: ad esempio nel Regno Unito, dove non esistono ancora fondi ETF spot, o in Giappone, dove detenere direttamente Bitcoin comporta alte imposte sulle plusvalenze, comprare quote di queste società offre un’esposizione surrogata al prezzo dell’asset sottostante. Inoltre, molti grandi investitori istituzionali hanno limiti di mandato che impediscono acquisti diretti di Bitcoin (possono investire solo in determinate classi di asset); per loro, acquistare obbligazioni o azioni di una Bitcoin treasury company è un metodo compliant per aggirare questi vincoli e inserirsi comunque nell’ecosistema Bitcoin. Un ulteriore incentivo è la leva finanziaria: queste aziende possono indebitarsi a tassi vantaggiosi per comprare ancora più Bitcoin, amplificando i rendimenti potenziali. L’investitore che compra i loro titoli ottiene così un’esposizione levereggiata a Bitcoin senza doversi indebitare in prima persona

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Non solo Treasury
Tra le notizie più positive del report c’è quella delle aziende che non si schierano in prima linea con una comunicazione aggressiva a favore di Bitcoin, ma che si uniscono all’adozione nell’ombra. Si tratta di aziende più convenzionali, provenienti da pressoché ogni settore economico, non solo mondo tech o finanziario: dal real estate all’alberghiero, dalla manifattura alla sanità, sempre più imprese stanno inserendo Bitcoin in cassa o nei loro modelli operativi.
Il solo exchange River conta oltre 3.000 aziende clienti che detengono Bitcoin nei propri bilanci. Ciò indica che la platea di utilizzatori business di Bitcoin è ben più ampia delle poche società quotate di cui si parla spesso: migliaia di piccole e medie imprese stanno già sperimentando l’uso di Bitcoin come riserva di valore.
In genere, raccontano gli analisti, si tratta di realtà di dimensioni medio-piccole, con strutture decisionali snelle e concentrate, spesso guidate da imprenditori che personalmente comprendono il valore di Bitcoin. Questa agilità consente loro di muoversi prima e con meno ostacoli interni rispetto alle grandi corporation burocratizzate. Il 75% delle aziende servite da River ha meno di 50 dipendenti, segno che le PMI sono state tra le prime ad abbracciare Bitcoin. Un altro fattore è l’orizzonte temporale lungo: imprese capital intensive e con ritorni dilazionati, oppure startup ancora lontane dalla redittività hanno trovato in Bitcoin uno strumento per parcheggiare liquidità in eccesso mantenendo il potere d’acquisto nel tempo. Durante fasi economiche incerte, molte aziende preferiscono rafforzare il bilancio accantonando riserve piuttosto che espandersi; per chi mantiene liquidità significativa, Bitcoin offre un mezzo per ritenere gli utili senza vederli erosi dall’inflazione.

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Sorge quindi la domanda: come gestiscono la custodia tutte queste aziende? Si prendono la responsabilità di gestire i propri asset o la delegano? Utilizzano forse qualche forma ibrida?
Dal report emerge che circa un quarto delle aziende clienti di River conserva in proprio almeno una porzione dei Bitcoin aziendali, ma solamente il 7,6% delle aziende adotta una self-custody integrale, spesso con soluzioni multi-sig condivise internamente.
La stragrande maggioranza preferisce invece un approccio ibrido o completamente esternalizzato: in particolare, il 74,3% affida i propri BTC esclusivamente a custodi terzi qualificati (exchange o servizi di custody), mentre un 18,1% combina custodia esterna per la quota principale e self-custody per una quota secondaria, ad esempio tenendo in house solo le riserve strategiche di lungo termine. Secondo gli analisti dell’exchange, man mano che matureranno soluzioni enterprise user-friendly, è plausibile che la quota di aziende coinvolte direttamente nella custodia dei propri Bitcoin potrà crescere.

La barriera culturale
Nonostante il contesto favorevole, l’adozione di Bitcoin rimane agli inizi in termini percentuali: meno dell’1% delle imprese mondiali finora ha messo Bitcoin a bilancio, secondo il report. Se dunque le barriere tecniche, legali e di mercato si stanno abbassando, cosa trattiene il restante 99% delle aziende? La risposta, in breve, è: fattori culturali e di conoscenza. Molti dirigenti d’azienda semplicemente non comprendono ancora a fondo cosa sia Bitcoin. A supporto della tesi, il report cita alcuni dati indicativi: solo il 6% degli americani sa che la quantità di Bitcoin è limitata a 21 milioni, e circa il 60% ammette di “non saperne molto” di Bitcoin nonostante il 95% ne abbia almeno sentito parlare.
Inoltre, un’indagine 2025 di GoodFirms rivela che il 46% delle aziende individua nella “mancanza di comprensione” il principale ostacolo all’adozione di Bitcoin e criptovalute in azienda. In altre parole, Bitcoin è spesso ignorato non tanto perché sia stato valutato e scartato, ma perché manca la conoscenza necessaria a valutarlo obiettivamente.
Un secondo grande ostacolo è di natura psicologica e organizzativa. Nelle grandi aziende vige una cultura della prudenza e del conformismo: le decisioni sono collegiali (comitati, CDA) e pochi manager sono incentivati a prendere iniziative controverse che li espongano. Anche dirigenti personalmente propensi a Bitcoin spesso rinunciano a proporlo se sanno che il consiglio di amministrazione lo considererebbe un azzardo fuori dagli schemi. Si innesca così un circolo di inerzia: ogni azienda aspetta che qualcun’altra faccia il primo passo, per avere una copertura e normalizzare la scelta. Questa dinamica è particolarmente forte nelle società quotate di grande dimensione, dove qualsiasi mossa non convenzionale viene passata al setaccio da investitori, analisti e media, con il rischio di critiche e pressioni se le cose vanno male. Ad oggi, appena 4 aziende dell’S&P 500 e 3 della Fortune 500 hanno annunciato posizioni significative in Bitcoin.
La Dual Money Era
In buona sostanza, il quadro delineato dal report suggerisce che siamo alle prime battute di un cambiamento nelle infrastrutture finanziarie aziendali. Gli autori prevedono l’ascesa di un sistema monetario ibrido, che definiscono Dual Money Era. In questa visione, Bitcoin emergerà come asset di riserva globale per la conservazione di valore, mentre le valute fiat (in primis il dollaro USA) continueranno a essere usate per le transazioni quotidiane. In altre parole, ogni individuo potrebbe avere Bitcoin come forma di risparmio a lungo termine e valuta tradizionale per le spese correnti, e ogni azienda manterrà Bitcoin nel proprio bilancio accanto alla moneta fiat con cui paga stipendi e fornitori. Entreremo così in un’era a doppia circolazione monetaria, dove sarà fondamentale garantire movimenti fluidi e senza attriti tra Bitcoin e dollari/euro in base alle necessità del momento.
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