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Fermata #181 - Il Papa ammonisce la moneta fiat

Nazioni in via di sviluppo soggiogate dallo strumento del debito che spendono più in interessi che in istruzione e sanità: il Pontefice avverte banchieri ed economisti e apre il dibattito

Ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del Sud del mondo, generando miseria e angoscia e privando milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso. Nessun governo può pretendere moralmente che il suo popolo soffra privazioni incompatibili con la dignità umana.

Serve una nuova architettura finanziaria internazionale che spezzi il ciclo del debito.

A pronunciare queste parole non è stato un dirigente bancario, un amministratore di un fondo d’investimento, un banchiere centrale o un ministro dell’Economia.

E’ stato Papa Francesco.

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Come segnalato da National Catholic Reporter, lo scorso 6 giugno il Pontefice ha ammonito la platea di economisti che lo ascoltava circa la necessità di trovare un’alternativa al sistema finanziario tradizionale che oggi strozza le speranze di crescita e di riscatto di gran parte della popolazione mondiale.

La presa di posizione del Papa può sorprendere, ma solo fino a un certo punto.

Bergoglio è notoriamente argentino. Il suo Paese d’origine è uno di quelli più duramente colpiti dal colonialismo economico. Buenos Aires è stata costretta a dichiarare default sul debito estero ben tre volte dall’inizio degli anni 2000, raggiungendo picchi d’inflazione annua del peso, la valuta locale, del 95% (2022).

Uno dei principali protagonisti dei problemi argentini ha un nome molto chiaro: Fondo Monetario Internazionale. Negli anni '90, il Paese sudamericano ha vissuto una serie di crisi economiche che l’hanno obbligato a ricorrere al FMI per assistenza finanziaria. Le politiche di aggiustamento strutturale imposte dall’FMI (dettagli più avanti, nda) hanno avuto effetti devastanti sull'economia locale.

L'economia argentina è entrata in una spirale di debito e recessione culminata nella crisi del 2001-2002. Durante quest’ultima, il Paese ha dichiarato il più grande default sovrano della storia, con debiti non pagati per oltre $100 miliardi.

Nonostante la crisi l'influenza del FMI non è diminuita. Negli anni successivi, Buenos Aires ha continuato a contrarre debiti con l’istituzione, rimanendo intrappolata in un ciclo di debito e austerità. L'Argentina è rimasta dipendente dai prestiti internazionali, con il debito pubblico che ha continuato a crescere.

Come riportato dal New York Times, Martin Guzmán, ex ministro delle Finanze argentino, era presente all'incontro in Vaticano di inizio giugno. A suo avviso, l'aiuto dell’FMI è stato controproducente. Secondo il Center for Economic and Policy Research, l'anno scorso i cinque maggiori debitori - Ucraina, Egitto, Argentina, Ecuador e Pakistan - hanno pagato da soli $2 miliardi in sovrattasse, ossia pagamenti aggiuntivi ai normali interessi che i Paesi sono tenuti a sostenere se hanno elevati livelli di debito. In una parola: strozzinaggio.

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La spirale del debito frena la crescita del Sud del mondo

La citazione non è presa da un appassionato di bitcoin, ma dall’ultimo report di quel braccio delle Nazioni Unite dedicato al commercio e allo sviluppo: l’Unctad: Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo.

L’Argentina non è l’unico Stato a trovarsi intrappolato in una spirale di debito senza fine destinata a estrarre sempre più risorse dal Paese a favore del blocco occidentale: gran parte del mondo in via di sviluppo si trova in una situazione molto simile.

In questa newsletter ho raccontato più volte come la situazione debitoria di gran parte dei Paesi occidentali sia irreversibile e che il destino delle nostre economie sia inevitabilmente quello dell’inasprimento della spirale del debito e, quindi, di un’inflazione sempre più pressante nel lungo periodo.

Ma come è noto, molte aree di Africa, Asia e Sud America si trovano oggi in situazioni molto peggiori, in una sorta di fotografia del futuro che attende le generazioni europee e nordamericane di domani

Nello studio intitolato A world of debt, l’Unctad pubblica dati che lasciano ben poco spazio all’interpretazione.

Il debito pubblico nei Paesi sviluppati è aumentato in modo allarmante: oltre il 50% dal 2010 a oggi. Il dato ancor più drammatico, però, è che nel mondo in via di sviluppo - escludendo la Cina - è cresciuto a velocità doppia, più che raddoppiando in 13 anni. Prendendo in considerazione anche Pechino, invece, nello stesso periodo di tempo è aumentato di tre volte e mezzo.

Solo gli interessi sul debito pagati collettivamente dai Paesi in via di sviluppo ammontano a $847 miliardi: nel 2010 erano di $350 miliardi.

Sempre in Africa, Sud America e Asia, i pagamenti degli interessi sul debito sono raddoppiati in percentuale rispetto alle entrate pubbliche dal 2010 a oggi. In quelle aree sono 54 i Paesi che spendono più del 10% delle entrate pubbliche in interessi (erano meno di 30 nel 2010).

Inevitabilmente, la conseguenza diretta di tale crescita è la riduzione del budget per gli altri settori: mediamente i Paesi africani spendono $70 pro-capite per pagare gli interessi sui debiti, $60 e $39 rispettivamente per istruzione e sanità.

Complessivamente 3,3 miliardi di persone vivono in Paesi che spendono più in interessi che in istruzione o sanità.

Il colonialismo monetario di FMI e Banca Mondiale

Nel suo libro Check your financial Privilege, il Cso della Human Rights Foundation Alex Gladstein ha dedicato un intero capitolo ai meccanismi di finanziamento dei Paesi in via di sviluppo orchestrati dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. 

A quanto scrive Gladstein, FMI e Banca Mondiale hanno contribuito in gran parte a perpetuare la povertà nei Paesi in via di sviluppo a vantaggio delle nazioni creditrici. 

Export, ma alle condizioni occidentali

Tra i molti esempi riportati nel libro, Gladstein parla del ciclone Bhola che 50 anni fa uccise circa un milione di persone nella zona costiera del Bangladesh. Negli anni '60, le autorità locali avevano costruito una vasta rete di dighe per proteggere la costa e ampliare le aree agricole. Tuttavia, negli anni '80, dopo l'assassinio del leader dell'indipendenza Sheikh Mujibur Rahman, l'influenza straniera spinse il nuovo regime autocratico del Bangladesh a cambiare rotta. Invece di rafforzare le foreste di mangrovie locali che proteggevano naturalmente la popolazione costiera, il governo prese prestiti dalla Banca Mondiale e dal FMI per espandere l'allevamento di gamberetti, distruggendo le difese naturali contro le tempeste.

Con i finanziamenti numerose fattorie e le aree umide circostanti furono letteralmente trasformate in stagni per gamberetti. Questo processo comportò il taglio del 45% delle mangrovie, lasciando milioni di persone esposte a onde di 10 metri durante i cicloni. Le terre arabili e la vita fluviale furono lentamente distrutte dall'eccesso di salinità proveniente dal mare. Gli imprenditori di gamberetti fecero una fortuna, ma i lavoratori, spesso bambini che guadagnavano meno di un dollaro al giorno, furono impoveriti.

FMI e Banca Mondiale

Il FMI e la Banca Mondiale sono stati creati alla Conferenza di Bretton Woods nel 1944 per sostenere l'ordine monetario globale guidato dagli Stati Uniti. La loro funzione originale era di aiutare la ricostruzione dell'Europa e del Giappone dopo la guerra, con la Banca Mondiale che si concentrava su prestiti per progetti specifici di sviluppo e il FMI che affrontava i problemi di bilancia dei pagamenti dei Paesi membri per mantenere il flusso commerciale.

Oggi, il FMI offre credito ai membri con problemi cronici di bilancia dei pagamenti e non in grado di ripagare i prestiti.

Il potere di voto all'interno del FMI e della Banca Mondiale è dominato dalle nazioni industrializzate, con gli Stati Uniti che detengono il diritto di veto su qualunque decisione strategica. Lo squilibrio di potere si traduce in politiche che spesso favoriscono gli interessi dei Paesi creditori rispetto a quelli dei Paesi in via di sviluppo.

Gli “aggiustamenti strutturali”

I prestiti di “aggiustamento strutturale” del FMI e della Banca Mondiale richiedono ai Paesi mutuatari non solo di restituire il capitale e gli interessi, ma soprattutto di riformare le loro economie secondo le condizioni imposte.

Tali condizioni includono tipicamente la svalutazione della moneta per incentivare l’export verso le economie sviluppate e l’aumento delle tasse. I prestiti sono spesso concessi a governi non democratici che possono più facilmente implementare politiche impopolari. Ad esempio, nel 1979, 15 dei governi più repressivi del mondo ricevettero un terzo di tutti i prestiti della Banca Mondiale.

Il debito perpetuo e il ciclo di impoverimento

Dal 1982, il flusso di risorse dai Paesi poveri a quelli ricchi è diventato permanente, con un drenaggio netto annuo di miliardi di dollari. Questo ha creato una trappola del debito in cui i Paesi in via di sviluppo devono prendere in prestito di più solo per onorare il debito esistente, perpetuando un ciclo di dipendenza e povertà.

La fine del colonialismo politico ha visto l'ascesa del colonialismo economico, con l’FMI e la Banca Mondiale che hanno ricreato il drenaggio coloniale attraverso il debito. I Paesi ricchi utilizzano queste istituzioni per estrarre valore dai Paesi poveri, mantenendo bassi i salari e le materie prime a buon mercato, mentre vendono prodotti finiti a prezzi elevati.

La soluzione è già qui

La necessità di adottare un sistema economico non basato sui meccanismi di debito infinito e cicli di bailout è evidente. L'attuale infrastruttura perpetua un ciclo di povertà e dipendenza attraverso politiche di aggiustamento strutturale che non solo strangolano le economie locali, ma rafforzano anche il dominio economico delle nazioni creditorie a discapito dei Paesi in via di sviluppo.

La soluzione è già qui e si chiama Bitcoin, ma i neocolonialisti seduti sulle poltrone di FMI e Banca Mondiale non ne agevoleranno facilmente la diffusione. La mass adoption in tempi brevi è una bella favola, ma ha poco a che vedere con la realtà che ci circonda. L’adozione avverrà, ma in modo lento, spontaneo e organico, guidata dalla volontà dei popoli di emanciparsi dal giogo del debito. 

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