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Fermata #246 - Il blackout si poteva prevenire?
Spagna e Portogallo al buio per un eccesso di produzione elettrica da fotovoltaico. Come funziona una rete elettrica? Il mining poteva prevenire il blackout?
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Per qualche giorno è stata la notizia più battuta da tutte le agenzie di informazione europee. Il blackout - uno dei più grandi della storia - che ha coinvolto l’intera Spagna e parti di Portogallo e Francia.
L’ho vissuto personalmente. Quel giorno, il 28 aprile 2025, mi trovavo in Portogallo. Nel giro di pochi minuti l’elettricità è sparita. Connessione Internet, elettrodomestici, reti telefoniche e qualunque altra cosa collegata all’energia elettrica ha smesso di funzionare. Per circa 12 ore un’intera penisola è rimasta senza corrente: dove mi trovavo, la scena serale era spettrale, sembrava quasi di trovarsi all’interno di un videogioco.
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Il blackout e le cause
28 aprile, ore 12:30 circa. Il sistema elettrico iberico perde in pochi secondi 15 GW di potenza – oltre il 60% della domanda nazionale, mandando in tilt trasporti, semafori e servizi essenziali. A Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia rimangono spente metropolitane, fermate ferroviarie e segnaletica stradale; centinaia di voli vengono cancellati o dirottati; i centri urbani vengono invasi dal traffico e migliaia di persone rimangono bloccate al lavoro o in viaggio. Per ripristinare la totalità della fornitura elettrica ci vorranno circa 24 ore, ma per gran parte del territorio ne basteranno 12.
Le cause esatte sono ancora sotto inchiesta, ma l’operatore di rete spagnolo (REE) ha individuato l’origine del guasto nel sud-ovest del Paese - in Estremadura - un’area ricca di impianti fotovoltaici. È probabile - ha ammesso l’operatore - che la causa risieda nel crollo improvviso della generazione elettrica di origine solare.

Domanda di energia elettrica (MW) della rete spagnola il 28 aprile 2025: la linea rossa indica la curva di domanda prevista, quella gialla la domanda reale. Al picco del blackout (intorno alle 12:35) si vede il crollo improvviso di decine di GW (linea gialla) dovuto alla perdita di generazione.
Al momento del blackout ben l’81,5% dell’energia elettrica spagnola era prodotta da fonti rinnovabili, di cui circa 54,9% da fotovoltaico e 10,9% da eolico. Questa situazione avrebbe portato a condizioni di esercizio estreme: secondo REE il problema potrebbe essere stato una sovrapproduzione di energia solare, che ha creato uno squilibrio tra la quantità di energia immessa in rete e quella assorbita dalla domanda. In altre parole, la produzione da fotovoltaico nelle ore centrali della giornata era così elevata da superare il fabbisogno locale, rendendo difficile il mantenimento dell’equilibrio.
Il limite delle rinnovabili
Il blackout mette in luce un principio cardine dei sistemi elettrici: l’elettricità non può essere accumulata. Non esiste un grande serbatoio dove conservare l’energia elettrica eccedente, se non tramite dispositivi esterni di accumulo (come le batterie, che però hanno capacità limitata e costi elevati). Ciò significa che l’energia elettrica deve essere costantemente prodotta e consumata nello stesso momento: in ogni istante la potenza immessa nella rete (offerta) deve eguagliare la potenza prelevata (domanda).
Il bilanciamento istantaneo tra produzione e consumo è indispensabile per mantenere stabile la frequenza e garantire la continuità del servizio. Se si produce più di quanto si consuma, l’energia in eccesso fa salire la frequenza; viceversa, un deficit di generazione fa scendere la frequenza. Grandi deviazioni possono danneggiare apparecchiature sensibili e, oltre certi limiti, scattano protezioni automatiche che disconnettono porzioni di rete per evitare guasti maggiori.
Mantenere l’equilibrio è una sfida continua e nel caso delle fonti rinnovabili è più complicata del solito. In una centrale a carbone è semplice bilanciare la variazione di domanda: basta bruciare più o meno carbone. Non si può dire lo stesso per fotovoltaico ed eolico: il Sole non può smettere di splendere, il vento non può smettere di soffiare. E se negli anni sono state adottate tecniche per mitigare certi limiti, la flessibilità di queste fonti non pareggerà mai quella delle fonti fossili. Serve, dunque, uno strumento che possa incentivare la diffusione delle fonti rinnovabili fungendo da bilanciatore della rete elettrica.
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Il mining poteva prevenire il blackout?
In questa newsletter ho dedicato ormai diverse fermate al tema ma vista l’attualità vale la pena fare un veloce ripasso.
Per risolvere il problema della poca flessibilità delle rinnovabili, una soluzione nota è quella dei cosiddetti “carichi flessibili”. Un carico flessibile è un consumatore che può consumare di più quando c’è abbondanza di energia e consumare di meno (o niente) quando l’energia scarseggia, aiutando a mantenere l’equilibrio generale. Questa flessibilità della domanda è al centro di vari programmi chiamati in gergo Demand Response: i gestori di rete possono contrattare con grandi clienti industriali la possibilità di modulare o sganciare temporaneamente alcuni carichi nei momenti critici, in cambio di incentivi economici.
Il mining di Bitcoin è l’esempio perfetto di carico flessibile: i miner possono variare immediatamente il loro consumo senza danni al processo produttivo. A differenza di una fabbrica tradizionale, che subirebbe perdite di produzione o guasti fermando macchinari, un impianto di mining può spegnere i propri ASIC in pochi secondi, riprendendo la computazione più tardi, senza che ciò comporti costi di riavvio significativi. In pratica, i miner di Bitcoin possono funzionare come tamponi al servizio della rete. Quando c’è troppa offerta di energia rinnovabile - nelle ore di punta di Sole o di vento - i data center possono assorbire il consumo, evitando sprechi o la necessità di fermare impianti rinnovabili. Quando c’è un picco di domanda, possono facilmente diminuire la loro intensità o persino essere spenti, liberando così capacità elettrica per altri usi prioritari sulla rete.
Questo modello è già in funzione nella rete texana ERCOT, come raccontato nella fermata #91. Del tema, peraltro, ho parlato anche durante la scorsa edizione del Bitcare Forum, in un intervento intitolato: “Bitcoin consumerà quanto il mondo intero”.
Il mining avrebbe potuto quindi evitare il blackout in Spagna? Domanda troppo complicata, scusate il clickbait nel titolo. Ma la lezione del blackout è chiara: per sostenere un sistema 100% rinnovabile servono flessibilità ed equilibrio.
E con una buona organizzazione, come quelle texana, il mining avrebbe sicuramente mitigato gli effetti del picco di offerta fotovoltaica. La soluzione dunque non è - come suggeriscono alcuni - abbandonare completamente l’idea delle rinnovabili e tornare al 100% della produzione fossile, ma creare un incentivo economico per la diffusione delle rinnovabili.
Ad oggi, quello più efficace in funzione, si chiama mining.
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